La storia
di Giulietta e Romeo

Viaggio nella storia d’amore
di Giulietta & Romeo.

La storia di Giulietta e Romeo nasce e si svolge in Friuli. I due protagonisti Lucina e Luigi appartengono al potente casato dei Savorgnan. 
Il 26 febbraio 1511 nel palazzo di famiglia di Udine, durante una festa di carnevale, Lucina, diciassettenne, canta accompagnata dal clavicembalo in un modo che incanta il capitano di cavalleria Luigi Da Porto, di stanza a Cividale del Friuli. Tra i due scocca una grande scintilla d’amore.
 Ma un crudele destino vuole che, alcuni mesi più tardi, Luigi resti gravemente ferito in una battaglia nel manzanese.
 Sembra tutto perduto, soprattutto quando, alcuni anni dopo, Lucina sarà indotta, per ragioni di pace politica, a sposare Francesco Savorgnan. Luigi non dispera e scrive la novella di Giulietta e Romeo, ambientandola a Verona con una finzione letteraria creata apposta per coprirne l’origine autobiografica.
Un racconto autobiografico, come dimostrato da Cecil Clough italianista dell’Università di Liverpool, retrodatato per dissimulazione al 1303 e ambientato a Verona, anziché in Friuli, nel quale le famiglie dei Montecchi e dei Capelletti sostituiscono quelle dei Savorgnan del Torre e Savorgnan del Monte.
La Novella viene poi pubblicata a Venezia, una prima volta, in forma anonima dal Bendoni, poi da Pietro Bembo, esperto ed esponente della cultura e sostenitore della lingua volgare nella letteratura dell’epoca (nonchè ex amante della madre di Lucina). Giudicata come una tra le più pregievoli novelle del rinascimento italiano venne tradotta prima in francese e poi tradotta in inglese. Giunse così a Londra, dove assumendo la forma di lungo poema, divenne fonte di riferimento per la stesura della tragedia Romeo e Giulietta da parte di William Shakespeare. Questi studi sono stati completati e pubblicati da Albino Comelli e Francesca Tesei con il libro “Giulietta e Romeo, l’origine friulana del mito” Maremmi edizioni Firenze.

ORIGINI

I due nobili amanti erano di origini friulana e veneta. I loro nomi erano Lucina Savorgnan e Luigi Da Porto.

PROTAGONISTI

Lucina Savorgnan del Monte

(c. 1493 – 16 gennaio 1543)
Documenti storici, attestano che Maria Griffoni vedova di Giacomo Savorgnan del Monte e madre di Lucina, era proprietaria del castello, del borgo e della villa di Ariis. E’ probabile che Lucina, abbia vissuto nella villa e che si spostasse tra i possedimenti dei Savorgnan in Friuli e Venezia dove la mamma risiedeva, sotto il controllo dei cognati.
La villa di Ariis si trova sulle rive del fiume Stella, che la collegava via acqua a Venezia. Aveva grandi magazzini di sale, che al tempo era importante come sistema per la conservazione del cibo.

Luigi Da Porto, Savorgnan della Torre

(Vicenza, agosto 1485 – Vicenza, 10 maggio 1529)
Rampollo di una nobile e potente famiglia da Bernardino e da Elisabetta Savorgnan, sorella di Antonio Savorgnan, rimase orfano molto presto e venne affidato al nonno paterno. I Da Porto erano imparentati con la famiglia di Elisabetta Gonzaga, duchessa di Urbino. Luigi completò l’educazione e l’apprendistato cortigiano ad Urbino dal 1503 al 1505. Ad Urbino conosce Pietro Bembo, letterato e sostenitore dell’uso della lingua volgare, con il quale instaura amicizia e reciproca stima. Essendo di indole ambiziosa, Luigi Da Porto nel 1509 fu messo al comando di 50 cavalleggeri dalla Repubblica di Venezia. Il 16 marzo 1510 fu inviato in Friuli ed assegnato alle operazioni di frontiera, lontano da quei campi di battaglia che lui riteneva importanti: “Nondimeno io mi doglio assai d’andarvi, per dover lasciar così bella guerra quanto questa di Veronese è”. A lui viene assegnato il comando di Cividale del Friuli, presso la porta ”Arsenale Veneto”. Nel marzo 1511 Luigi Da Porto viene assegnato alla guarnigione veneta della fortezza di Gradisca d’Isonzo. Durante quei mesi ebbe diversi scontri con i reggimenti tedeschi, fino alla battaglia del 20 giugno 1511 vicino al fiume Natisone, in cui fu ferito al collo da una stoccata e rimase paralizzato. Si ritirò così dalla vita militare, vivendo prima a Venezia e poi a Vicenza.
Morì a Vicenza il 10 maggio 1529 per una non precisata malattia.
Letterato fine e poco conosciuto, scrisse la famosa Novella, le Rime, pubblicate nel 1539, e una settantina di Lettere storiche, pubblicate nel 1857, sugli avvenimenti politici e bellici seguiti alla lega di Cambrai.

L’INCONTRO

Il 26 febbraio 1511 Maria Griffoni Savorgnan organizzò nel Palazzo Savorgnan a Udine (oggi Piazza Venerio) una festa in maschera, a cui partecipò anche la figlia Lucina, di circa 17 anni. Tutta la nobiltà prese parte alla festa e anche Luigi da Porto, capitano di Cavalleggeri Veneti a Cividale del Friuli, si presentò alla festa mascherato.

La giovane Lucina...

La giovane Lucina venne ricordata da Gregorio Amaseo alla festa a Udine:
“… la sera medema, siando redutti a casa de madonna Maria Savorgnana, dove se danzava, sonando dil continuo d’un clavizimbano, et in consonantia cantando degnamente madonna Lucina sua figliola, donzella pellegrina, et visto lì alquanti balli fin al tardi.”

IL LUOGO

Il Palazzo dei Savorgnan era il luogo del loro incontro e si trovava al posto della attuale piazza Venerio, indicata nelle vecchie carte geografiche come “plazze de rovine(piazza delle rovine). Nel 1549, il Palazzo Savorgnan venne confiscato e distrutto a seguito dei crimini commessi da un membro della famiglia. Sulla pavimentazione attuale della piazza è evidenziata in pietra scura la pianta del palazzo, quale appariva all’inizio del XVI sec.

LA SUA MANO

Luigi Da Porto avrebbe voluto sposare Lucina di cui Girolamo Savorgnan del Monte era tutore dopo la morte del padre. Il suo ferimento e gli screzi tra i due rami della famiglia Savorgnan del Torre, cui Luigi appartiene da parte di madre, e Del Monte, resero impossibile la loro unione.

LA ZOBIA GRASSA

Il 27 febbraio 1511, giorno di giovedì grasso, Antonio Savorgnan simulò un attacco austriaco a Udine, che secondo alcune fonti storiche sarebbe stato inscenato da soldati cividalesi comandati dallo stesso Luigi Da Porto, suo nipote.

Antonio Savorgnan a quel punto sollevò...

Antonio Savorgnan a quel punto sollevò il popolo a difesa della città: nel caos della situazione, indirizzò la massa popolare, riunita nella fazione degli Zamberlani, contro la nobiltà, che fu in gran numero trucidata, e in particolare contro i Della Torre, riferimento nella terra del Friuli, degli Strumieri, filoaustriaci. Molti membri delle famiglie della Torre, Colloredo, della Frattina, Soldonieri, Gorgo, Bertolini e altre furono trucidati, i loro cadaveri furono spogliati e abbandonati per le vie del centro, se non lasciati come pasto ai cani o trascinati nel fango e poi gettati in prossimità dei cimiteri. I rivoltosi indossarono poi gli abiti dei nobili inscenando una macabra mascherata e imitando i modi degli originari possessori incarnando di fatto lo spirito di “inversione delle parti” tipico del carnevale. I nobili che riuscirono a fuggire si ritirarono nei loro castelli o al di là del Tagliamento, nel Friuli occidentale. Altre fonti dipingono l’accaduto come una perdita di controllo sui sottoposti da parte di Antonio Savorgnan e che in realtà egli contribuì a salvare alcune famiglie rivali dal massacro. La sera del giovedì grasso 1511, Antonio Savorgnan fece assassinare due suoi sgherri per impedire che testimoniassero dei suoi sotterfugi per innescare la rivolta. I loro cadaveri, più quello di un’altra testimone, furono gettati nel pozzo di San Giovanni, all’angolo tra via Savorgnana e via Stringher.
Solo dopo alcuni giorni arrivò in città un contingente armato proveniente da Gradisca, che riuscì a riportare l’ordine pubblico, ma non a interrompere la baldoria carnevalesca incentrata sullo scherno nei confronti dei nobili assassinati.
Nel frattempo la scia di violenze si diffuse a macchia d’olio ai territori limitrofi di Udine e pian piano a tutta la regione.
Mesi dopo, di fronte alla prospettiva di un saccheggio di Udine e a seguito della promessa di condizioni vantaggiose, Antonio si arrese anch’egli all’invasore. La repubblica, tradita, non la prese bene e lo condannò.

LA BATTAGLIA DI MANZANO

Luigi da Porto, oltre che letterato, era cavaliere, Capitano, dell’esercito veneziano, di stanza in Friuli. Ebbe una vita di uomo di corte rinascimentale: avventurosa, fatta di duelli, amori e ozi letterari, con un tragico epilogo, dovuto al suo ferimento.

Presso il fiume Natisone, il 21 giugno 1511, i soldati di Venezia affrontarono le milizie di Massimiliano. La battaglia è cruenta, Luigi da Porto viene ferito al collo da una spada e resta paralizzato. Dapprima viene trasferito a Udine e poi a Venezia trascorre parte della sua convalescenza tra Vicenza e Montorso Vicentino, dedicandosi allo studio e alla scrittura.

Fine tragica di Antonio Savorgnan del Torre

La famiglia Savorgnan aveva dato vita alle due discendenze dei Savorgnan del Monte e dei Savorgnan del Torre, a cui Antonio Savorgnan apparteneva. Nel 1487, Antonio acquistò grande potere politico e militare, su mandato di Venezia.

A seguito del tradimento di Antonio Savorgnan...

A seguito del tradimento di Antonio Savorgnan, il Consiglio dei Dieci stabilì un premio pari a cinquemila ducati, somma aggiunta all’eventuale revoca dell’esilio, per il suo assassinio. Nonostante si fosse rifugiato con alcuni uomini del suo seguito nella vicina Carinzia, la sua popolaritа nella Patria del Friuli rimase ancora salda e testimoniata dalla richiesta di grazia che la comunitа udinese portò nell’ottobre 1511 davanti al consiglio dei Dieci. Il 27 maggio 1512 alcuni castellani friulani, tra cui Gian Enrico Spilimbergo, Girolamo di Colloredo e Gian Giorgio di Zoppola, lo aggredirono presso la chiesa di San Giacomo a Villaco in Austria e lo ammazzarono nel vicino cimitero.

Luigi da Porto lo descriveva in questi termini: «Costui […] è di tanta auttorità in quelle parti che alcun signore di Italia non è di maggiore nel suo stato, né così ha gli huomini suoi sudditi obedienti come costui i Forlani populari et contadini fin ora ha havuto, et forse tutta volta ha, in tanta veneratione il tengono.» (Lettera ad Antonio Caccialupo, 28 febbraio 1512).

IL MATRIMONIO

L’onta del tradimento si abbatte sulla famiglia Savorgnan: il ramo Del Torre, con l’uscita di scena del suo rappresentante, viene espropriato dei suoi beni, che passano ai Del Monte. Il conflitto per la gestione patrimoniale, però, è aspro: perciò, la Serenissima propone ai due contendenti una tregua matrimoniale. Nel 1515 Venezia richiede a Girolamo Savorgnan del Monte, zio e tutore di Lucina, di far sposare una sua figlia a Francesco Savorgnan del Torre, erede scagionato del traditore Antonio Savorgnan, Girolamo rifiuta, ma l’anno successivo Francesco è sposato con Lucina. Avranno due figli: Giovanni (1518) e Niccolò (1524).

La pace è ristabilita, ma la notizia prende alla sprovvista Luigi che si sente perduto. Una reminiscenza dantesca (l’allusione a una presunta rivalità fra Montecchi e Cappelletti, canto VI del Purgatorio, v. 106), lo convince a trasferire su carta la sua triste storia.

LA NOVELLA E LA DEDICA

Dopo la Battaglia di Manzano, Luigi Da Porto tra il 1512 ed il 1524 si muov tra Venezia, Padova, Arzignano, Vicenza e Montorso Vicentino, e inizia a scrivere la Novella che dedicherà a Lucina Savorgnan.

Il suo titolo provvisorio è: “ Historia novellamente ritrovata di due nobili amanti con la loro pietosa morte intervenuta già nella città di Verona nel tempo del signor Bartolomeo della Scala”
.
Ha elementi (l’amore contrastato, il matrimonio clandestino, la finta morte) che si ritrovano anche in opere precedenti; un racconto di Masuccio Salernitano, “Mariotto e Ganozza” del 1476, è quello che più si avvicina alla versione che scriverà Da Porto.

La singolarità e valore letterario di questa novella rispetto alle precedenti è l’abilità nell’inserirne i fatti in una cornice verosimilmente storica.

LA DEDICA

La Novella è preceduta da un prologo con una dedica alla “BELLISSIMA E LEGGIADRA MADONNA LUCINA SAVORGNANA”

Poscia che io, già assai giorni con voi parlando, dissi di voler una compassionevole novella da me già più volte udita, ed in Verona intervenuta, iscrivere, m’è paruto essere il debito in queste poche carte distenderla, sì perchè le mie parole appo voi non paressero vane, sì anco perchè a me, che misero sono, de’casi de’ miseri amanti, di ch’ella è piena, si appartiene; ed appresso al vostro valore indrizzarla, acciocché, quantunque tra le belle donne a voi simiglianti prudentissima vi conosca, possiate, leggendola, più chiaramente vedere a quai rischi, a quai trabocchevoli passi, a che crudelissime morti gli miseri e cattivelli amanti sieno il più delle volte d’Amore condotti.
Ed anco volentieri alla vostra bellezza la mando, perchè avendo io fra me diliberato, ch’ella siasi l’ultimo mio lavorìo in guest’arte, già stanco e sazio di essere più favola del volgo, in voi il mio sciocco poetare finisca; e che come sete porto di valore, di bellezza e di leggiadria, così della picciola barchetta del mio ingegno siate; la quale, carca di molta ignoranza, d’Amore sospinta per li men profondi pelaghi della poesia ha molto solcato, e ch’ella a voi giugnendo, del suo grand’errore accorta, possa ad altri, che con più scienza e miglior stella nel già detto mare navigano, e temone e remi e vela donando, disarmata sicuramente alle vostre rive legarsi. Prendetela adunque, Madonna, nell’abito a lei convenevole, e leggetela volentieri, sì pel soggetto ch’ è bellissimo, e pieno di pietate mi pare che sia, come anco per lo stretto vincolo di consanguinitade e dolce amistà, che tra la persona vostra e chi la descrive si ritrova: il qual sempre con ogni riverenza vi si raccomanda.
Siccome voi stessa vedeste, mentre il cielo verso me in tutto ogni suo sdegno rivolto non ebbe, nel bel principio di mia giovanezza al mestier dell’armi mi diedi, ed in quello molti grandi e valorosi uomini seguendo, nella dilettevole vostra patria del Friuli alcun anno mi esercitai, per la quale secondo i casi, quando privatamente or quinci or quindi servendo, mi era bisogno d’andare. […] Per la qual cosa partendo io da Gradisca, ove in alloggiamenti stava, e con costui e due altri miei, forse d’Amore sospinto, verso Udine venendo; la quale strada molto solinga, e tutta per la guerra arsa è distrutta in quel tempo era; e molto dal pensiero soppresso, lontano dagli altri venendomi, accostatomisi il detto Peregrino, come quello che i miei pensieri indovinava, così mi disse: «Volete voi sempre in trista vita vivere, perchè una bella crudele, altramente mostrando, poco v’ami? E benchè contro a me spesso dica; pure, perchè meglio si danno, che non si ritengono i consigli, vi dirò, Patron mio, che oltre che a voi nell’esercizio che siete, lo star molto nella prigion d’Amore si disdica, sì tristi son quasi tutti i fini, ai quali egli ci conduce, ch’è un pericolo il seguirlo. Ed in testimonianza di ciò, quando a voi piacesse, potre’ io una novella nella mia città avvenuta, che la strada men solitaria e men rincrescevole ci faria, raccontarvi; nella quale sentireste, come due nobili Amanti a misera e pietosa morte guidati fossero». E già avendo io fatto segno di udirlo volentieri, egli così cominciò: “

IL FINALE

Alla fine della copia manoscritta Luigi Da Porto si sofferma sull’ingratitudine a cui destino nell’amore lo portò:

” […] Quante ce ne saranno ora che prima ancora di veder morto l’amante avranno pensato di trovarne un altro, e non di morirgli accanto? Che se vedo alcune donne contro ragione dimenticare ogni fede e ogni ben servire, e abbandonare non morti ma alquanto percossi dalla fortuna gli amanti che ebbero più cari, cosa si deve credere che esse facciano dopo la loro morte? Miseri gli amanti di questa età che non possono sperare, né dando lunga prova di servire fedelmente, né morendo per le loro donne, ch’esse muoiano mai con loro; anzi sono certi di non essere più cari a quelle se non possono gagliardamente provvedere ai loro bisogni.”

L’AMBIENTAZIONE

La vicenda della Novella è opportunamente ambientata ai tempi di Bartolomeo I della Scala, nel 1301-1304, a Verona. Nella città Scaligera, anch’essa densa di cultura rinascimentale, i luoghi simbolo si “tingono” di teatralità, portandoci a rivivere, nelle scene di Shakespeare di Romeo e Giulietta, il periodo medievale in cui è stata ambientata l’opera, per scoprire i luoghi più romantici della città.

PERSONAGGI E LUOGHI NOVELLA

Verona: è il luogo dove si svolge la storia d’amore, al tempo di Luigi Da Porto era una città strategicamente importante per Venezia. Riferimenti e descrizioni, nella Novella, ci ricordano i tratti urbani della città di Udine e le sue divisioni politiche di allora.

Mantova:è la città dove, secondo il racconto, fugge Romeo, e dove si tiene il Capitolo dei Frati. Qui, nel vissuto reale, risiedono Antonia ed Elisabetta Gonzaga, che Luigi tiene in grande amicizia.

Lodrone: nella Novella è il conte promesso sposo a Giulietta, ma nella realtà risulta essere una nobile famiglia trentina amica tradizionale dei Da Porto. Un Lodrone fu mediatore, nel settembre 1511, fra l’Imperatore Massimiliano e lo zio Antonio Savorgnan, in procinto di passare dalla parte degli imperiali.

Frati Francescani con cui Giulietta e Romeo sono in costante contatto: sono gli stessi che vivono a contatto dei Palazzi Savorgnan, che sia Luigi che Lucina hanno abitato o perlomeno frequentato. I Savorgnan e il Convento dei Minori erano uniti anche fisicamente, da una porta-passaggio privilegiata, e conducevano molteplici attività in comune.

Tomba: esisteva un cimitero accanto alla Chiesa di San Francesco di Udine, storicamente riservato dai conventuali ai Savorgnan. Nella Novella, frate Lorenzo dice a Giulietta “Tu sai che l’arca de’ tuoi Capelletti fuori di questa chiesa nel nostro cimiterio è posta”. Ed anche lei, poi, vi sarà deposta.

Peregrino: l’arcere realmente esistito, di origini veronesi, che è sempre al fianco di Luigi Da Porto. Un personaggio che lo accompagna nelle lunghe e noiose marce e con cui si confida ed ama parlare. Come lui stesso lo descrive: l’“innamorato, animoso soldato, narratore”.

Il carattere autobiografico

Il racconto sembra rispecchiare un carattere autobiografico, per cui dietro Romeo e Giulietta si celerebbero le figure di Luigi stesso e di sua cugina Lucina Savorgnan, implicati entrambi nelle vicende di faide tra Strumieri e Zamberlani che infiammavano il Friuli nel primo Cinquecento e che culminarono con la rivolta della Crudel Zobia Grassa del 27 febbraio 1511.

E nei dettagli descrittivi del racconto di Luigi Da Porto che si rispecchiano forti analogie all’ambiente urbanistico di Udine.

L’arciere Pellegrino

Luigi da Porto oltre che letterato era cavaliere, capitano dell’esercito veneziano, di stanza in Friuli dove, dal confine orientale, erano giunte le truppe dell’Impero Asburgico. Ebbe una vita d’uomo di corte rinascimentale: avventurosa, fatta di duelli, amori e ozi letterari, con un tragico epilogo dovuto al suo ferimento.

Al suo fianco vi era sempre un arciere di nome Peregrino, di origini veronesi. Luigi da Porto lo aveva sempre al suo fianco nelle lunghe e noiose marce e con lui si confidava e amava parlare.

Mentre marciano per la campagna...

Mentre marciano per la campagna devastata e arsa dalla guerra, Peregrino, domanda a Luigi Da Porto:
Volete voi sempre in trista vita vivere, perché una bella crudele, altrimenti mostrando, poco vi ami?
Continua dicendo che, anche se sa che i consigli è più facile darli che seguirli, il suo signore non dovrebbe tormentarsi troppo a lungo, poiché è pericoloso seguire l’Amore, che quasi sempre conduce a una triste fine. E per testimoniare quello che dice, gli racconta un avvenimento della sua Verona: la storia di due nobili amanti che seguendo la propria passione sono morti miseramente.

La Prigion d’Amore

Da Porto racconta all’arciere Peregrino, in una marcia di trasferimento da Gradisca a Udine durante una pausa nei combattimenti, la sua delusione amorosa. Peregrino risponde narrando una vicenda da cui si comprende come «lo star molto nella prigion d’amore si disdica, sì tristi son quasi tutti i fini, ai quali egli ci conduce, ch’è un pericolo il seguirlo».

DA NOVELLA A OPERA TEATRALE

La Novella viene composta da Luigi Da Porto tra il 1512 e il 1524. Viene stampata anonima a Venezia nel 1530-31 e ristampata, sempre anonima, nel 1535. Nel 1539 viene ristampata con la revisione linguistica di Pietro Bembo (sostenitore e letterato del volgare in Italia) insieme alle poesie di Da Porto.

Nei decenni successivi viene trasposta in diverse versioni (da Matteo Bandello, Gerardo Boldieri e Luigi Groto), tradotta in francese nel 1559 e trasposta in lingua inglese da Arthur Brooke in un poema nel 1562. È da queste premesse che tra il 1594 e 1595 venne scritto il capolavoro letterario di William Shakespeare. Di questa novella esistono attualmente due copie manoscritte.

LA RAPPRESENTAZIONE

La storia reinterpretata da William Shakespeare viene rappresentata per la prima volta il 29 gennaio 1595 a Londra, nel Curtain Theatre.

LA FAMA

Giulietta e Romeo nati dalla penna di Luigi Da Porto, sono diventati la coppia più famosa del mondo.

IL SIMBOLO UNIVERSALE

Una storia che è diventata nel mondo il simbolo universale dell’amore.

UNA CHIAVE INTERPRETATIVA

I due nobili amanti diventano l’occasione per scoprire gli aspetti culturali, sociali e storici del periodo rinascimentale, tra il Veneto e il Friuli.

Lui, Luigi Da Porto, Romeo, espressione “maschile” della forza e della nobiltà cavalleresca, che possiamo ritrovare nelle strutture difensive e militari. Lei, Lucina Savorgnan, Giulietta, espressione “femminile”, della sottile raffinatezza e del decoro, che possiamo ritrovare nelle arti, nei palazzi pubblici, nelle piazze, nelle residenze della nobiltà nelle città e nell’entroterra che ci accompagnano nel Percorso dell’Amore di Giulietta e Romeo.

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